La crescente attenzione dei consumatori verso la sostenibilità ha spinto le aziende a comunicare il proprio impegno per la tutela dell’ambiente. Tuttavia, non mancano dichiarazioni poco trasparenti e per limitare possibili fenomeni di greenwashing nella primavera del 2023 la Commissione Europea ha pubblicato la proposta di Direttiva sui Green Claims. L’obiettivo è quello di regolamentare gli annunci usati dalle imprese nella comunicazione dei loro sforzi in merito ai fattori Esg.

Greenwashing e dati europei

Il greenwashing è la pratica di fare affermazioni false o fuorvianti sui benefici ambientali di un prodotto, un servizio o un’azienda così da attirare i consumatori preoccupati per l’ambiente. Quando un’azienda o un gruppo presenta attivamente le proprie attività o i propri prodotti come sostenibili, o il loro core-business, senza che lo siano effettivamente, si parla di greenwashing.

Su questo tema la Commissione ha effettuato due studi, nel 2014 e nel 2020, su 150 asserzioni ambientali, evidenziando quanto il tema del greenwashing fosse serio e sentito. Dalle ricerche è infatti emerso che: il 53,3% delle dichiarazioni ambientali esaminate nell’Ue sono risultate vaghe, fuorvianti o infondate; il 40% delle dichiarazioni green non è comprovato da evidenze certe; la metà di tutte le etichette green presentavano lacune sulla verificabilità e nelle certificazioni sono ben 232 i marchi di qualità ecologica esistenti nell’Ue, con livelli di trasparenza molto differenti fra loro.

La direttiva sui Green Claims

In Europa, la Commissione europea è in fase di negoziazione con il Parlamento europeo sulla Direttiva Green Claims, proposta originariamente nel marzo 2023, che mira a “prevenire il greenwashing richiedendo alle aziende di comprovare le loro dichiarazioni ambientali volontarie nelle pratiche commerciali business-to-consumer, rispettando una serie di requisiti relativi alla loro valutazione”.

La direttiva presenta quattro obiettivi principali: rendere le dichiarazioni ecologiche affidabili; proteggere i consumatori dal greenwashing; promuovere un’economia circolare e verde nell’Ue; e stabilire parità di condizioni sugli impatti ambientali dei prodotti. Per raggiungerli, vieta asserzioni e certificazioni non verificabili, pratiche commerciali sleali e auto-certificazioni di sostenibilità. Le certificazioni dovranno essere rilasciate infatti da terze parti indipendenti, basate su norme trasparenti e monitorate oggettivamente. L’entrata in vigore è prevista per il 2026, e darà agli Stati membri due anni per l’adozione nazionale, anche se secondo un rapporto di South Pole il 44% delle aziende ritiene che la comunicazione esterna sulla sostenibilità sia diventata più impegnativa nell’ultimo anno; il 58% sta riducendo le comunicazioni e il 18% non ha intenzione di pubblicare i propri obiettivi.

Greenwashing e procurement 

Nel procurement si parla di greenwashing anche in merito alla pratica organizzativa di acquistare prodotti o servizi in ottica B2B, pubblicizzati come rispettosi dell’ambiente, ma che in realtà potrebbero non essere così sostenibili o ecologici come affermato. Le conseguenze di questo “nascondino aziendale” possono essere gravi. I professionisti del procurement stanno diventando sempre più responsabili della valutazione dell’impatto ambientale dei prodotti e dei servizi che acquistano, e corrono un rischio maggiore di essere ingannati da affermazioni di greenwashing. Non basta più, infatti, fare affidamento sulle dichiarazioni ambientali dei fornitori, che potrebbero non avere le competenze o le risorse per verificare in modo indipendente persino i loro fornitori, così come molti prefessionisti del procurement spesso non hanno ingenti risorse per valutare tali dichiarazioni.

Qualche strumento per comprendere se siamo di fronte a pratiche di greenwashing c’è: le aziende rispettose dell’ambiente forniscono informazioni specifiche, mentre quelle che praticano il greenwashing usano sovente un linguaggio vago. Oltre a sfruttare l’intuito, può essere utile compiere ricerche indipendenti per trovare certificazioni affidabili. Un passo avanti è già solamente quello di essere consapevole del greenwashing e indagare con la propria azienda e con i colleghi del team procurement per prendere decisioni di acquisto più sostenibili. Queste strategie sono cruciali per aumentare la consapevolezza di consumatori e aziende sul loro ruolo nella transizione verde, ma richiedono coerenza tra dichiarazioni e azioni. Dimostrare l’impegno nella sostenibilità è essenziale per mantenere clienti, fornitori e partner commerciali forti specie in un’epoca di forti mutameni.