La crisi dei semiconduttori continua ormai da due anni. L’industria da circa 550 miliardi di dollari sta diventando sempre più importante nell’ottica della transizione ecologica e digitale internazionale. In molti risentono di un’offerta che non riesce a stare al passo con la domanda: le fabbriche di automobili, quelle di videogiochi e computer, di telefonia e quelle produttrici di server e apparecchiature informatiche. Le aziende cercano giornalmente, disperatamente, soluzioni per uscire da questa impasse che sembra senza fine. Con questo approfondimento cercheremo di capire perché e quanto è importante questo mercato, i motivi della crisi, quali sono i settori che più ne hanno risentito, le contromisure adottate dai governi e cosa ci aspetta in futuro.

Le contromisure adottate per superare la crisi

Non c’è continente che non abbia approntato misure anticrisi: dall’European Chips Act che vuole mobilitare circa 45 miliardi di euro in denaro pubblico e privato per raddoppiare la produzione di semiconduttori entro il 2030 allo statunitense Chips and Science Act da 52,7 miliardi, promulgato ad agosto da Biden, passando per il programma Made in China 2025. Diverse risposte sono arrivate anche dai grandi produttori e fornitori, da Intel, Samsung Electronics e TSMC soprattutto.

  • I produttori

In risposta alla crisi, i big del settore come Intel, Samsung Electronics e Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) hanno previsto ingenti investimenti per costruire stabilimenti che permettano un aumento della produzione e un migliore piazzamento sul mercato nel medio periodo, soprattutto di vicinanza al continente europeo. In generale, le politiche adottate sono volte a migliorare le catene di approvvigionamento e stabilizzare domanda e offerta.

Queste aziende hanno deciso di aumentare la produzione nel medio periodo per far fronte alla domanda, non potendola aumentare nel breve. Intel, nello specifico, così come fatto in passato da TSMC, sembra abbia anche informato i clienti che aumenterà i prezzi sulla maggior parte dei suoi microprocessori e prodotti chip periferici entro la fine dell’anno, per far fronte all’aumento dei costi. Ha inoltre annunciato un piano di investimenti decennale da 80 miliardi di euro, da realizzare lungo l’intera catena del valore europea dei semiconduttori. Ad aprile, il CEO di Intel Pat Gelsinger ha affermato di aspettarsi che l’industria dei semiconduttori subirà una carenza di forniture fino al 2024. Gelsinger ha spiegato che il problema potrebbe trascinarsi a causa della mancanza di componenti di produzione chiave. «Nella catena di approvvigionamento, i blocchi a Shanghai e la guerra in Ucraina hanno dimostrato più che mai che il mondo ha bisogno di una produzione di semiconduttori più resiliente e geograficamente più equilibrata», ha affermato.

L’anno scorso la carenza di chip è costata all’economia statunitense 240 miliardi di dollari. Secondo una ricerca di Counterpoint, è probabile che la carenza globale per i semiconduttori continui ad attenuarsi durante la seconda metà del 2022, poiché i divari tra domanda e offerta diminuiranno per la maggior parte dei componenti.

  • L’Europa e il Pnrr

L’Europa rappresenta il 20% del fabbisogno mondiale di semiconduttori, ma produce solo il 10%, con una dipendenza elevata da forniture estere. Per rispondere alla crisi la Commissione ha approvato lo European Chips Act per raddoppiare la capacità produttiva dell’Unione. L’iniziativa aggiungerà 15 miliardi di euro ai 30 miliardi di fondi pubblici esistenti per aumentare la quota di produzione globale al 20% nel 2030. L’iniziativa ha tre componenti: Chips for Europe per sostenere lo sviluppo di capacità tecnologiche su larga scala e l’innovazione nei chip all’avanguardia; un nuovo quadro per attrarre investimenti su larga scala nelle capacità di produzione e garantire la sicurezza dell’approvvigionamento; un meccanismo di coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione per monitorare gli sviluppi del mercato e anticipare le crisi.

L’Italia, è presente nel settore della microelettronica con l’italo-francese STMicroelectronics e con circa 1.900 imprese attive, che contano quasi 36mila addetti e circa 6,2 miliardi di euro di fatturato. Il settore è molto concentrato: le 17 imprese con produzione sopra i 50 milioni di euro valgono oltre il 50% del mercato nazionale. La capacità produttiva italiana è cresciuta in volume del 32% tra il 2015 e il 2020 e del 20% in valore, a fronte di una crescita del fatturato globale del 31% nello stesso periodo. Il Governo italiano a beneficio del settore ha stanziato nel PNRR 1,1 miliardi di euro e, attraverso un fondo istituito presso il MISE, una dotazione di 150 milioni per il 2022 e 500 milioni all’anno dal 2023 al 2030. Le linee di intervento previste dal PNRR sono due: il sostegno alla realizzazione di opere civili, impianti e attrezzature avanzate che consentano la produzione di materiali e componenti innovativi nel campo della microelettronica; investimenti strategici innovativi e progetti di filiera che prevedono, tra i beneficiari, anche la filiera della microelettronica e dei semiconduttori.

Il DL 1° marzo 2022 n. 17, all’Art. 23 istituisce un fondo “al fine di promuovere la ricerca, lo sviluppo della tecnologia dei microprocessori e l’investimento in nuove applicazioni industriali di tecnologie innovative, anche tramite la riconversione di siti industriali esistenti e l’insediamento di nuovi stabilimenti nel territorio nazionale”. A tal proposito è stato recentemente previsto un contributo a fondo perduto a STMicroelectronics di 100 milioni per il 2022 e di 240 per il 2023 per investimenti nella microelettronica. L’erogazione delle risorse subordinata a convenzione Mef e disco verde della Commissione Ue. L’Italia rappresenta anche un punto strategico per produttori esteri, come dimostra la decisione di Intel di aprire uno stabilimento in Veneto

  • I piani degli Stati Uniti

Il Chips and Science Act è una politica bipartisan del governo degli Stati Uniti firmata all’inizio di agosto dal presidente Biden che prevede di iniettare quasi 53 miliardi di dollari nell’industria nazionale dei semiconduttori. Propone anche crediti d’imposta del 25% per le fabbriche di semiconduttori che saranno costruite dall’1° gennaio 2023, stimati in 24 miliardi di dollari. L’obiettivo è aumentare la ricerca e la produzione nel tentativo di affrontare le vulnerabilità della catena di approvvigionamento e ridurre la dipendenza dai partner asiatici. Secondo il South China Morning Post, la politica vincola per dieci anni i produttori di chip che ricevono sussidi americani a non espandere la produzione in Cina, diretta concorrente degli Stati Uniti che lamenta la tendenza della politica americana a soffocare la concorrenza e minare gli affari internazionali.

Ma oltre ai fondi stanziati, la politica statunitense incentiva anche la costruzione di nuove fonderie di semiconduttori negli Stati Uniti. I semiconduttori rimangono la quinta esportazione più grande degli Stati Uniti e un certo numero di aziende americane continuano a dominare il mercato internazionale, tra cui Nvidia, Broadcom, Qualcomm, AMD e Intel, come riporta Forbes. Queste sono tra le società che trarranno il massimo vantaggio dall’approvazione della politica e sono tutte fondamentali per aumentare la capacità di produzione. Inoltre, recentemente, TSMC, il più grande produttore di chip al mondo, ha annunciato di aver completato il suo stabilimento Fab 21 a Phoenix, in Arizona, dove prevede di produrre chip a 5 nm entro il 2024. Segno che gli Stati Uniti stanno già facendo passi importanti nel posizionarsi come hub centrale per i semiconduttori, in partnership con Taiwan e in opposizione alla Cina.

  • Le risposte cinesi

In una corsa per recuperare il ritardo con le loro controparti americane, e con gli occhi sempre puntati su Taipei, le aziende cinesi di chip si trovano in una recessione economica che sta danneggiando le vendite e l’interesse degli investitori. Secondo il Financial Times, oltre 3.400 società cinesi legate ai chip sono crollate nell’ultimo anno. La strategia cinese Made in China 2025, che mira ad aumentare notevolmente la produzione nazionale di semiconduttori, continua. Ma nella guerra commerciale con gli Stati Uniti presenta non poche difficoltà.

Robotics Horizons, fondata da un veterano del deep learning di Baidu, ha appena ricevuto un round strategico dalla casa automobilistica statale Chery Automobile. L’importo non è stato reso noto, ma alla fine dello scorso anno il finanziamento annunciato pubblicamente da Horizon aveva raggiunto i 3,4 miliardi di dollari. Il gigante delle apparecchiature per le telecomunicazioni Huawei e la startup Black Sesame Technologies sono anche tra i giocatori cinesi più seri che cercano di sfidare il primato di Nvidia nella produzione di chip di qualità automatica. Black Sesame ha raccolto finora 115 milioni di dollari, secondo i dati pubblici.

  • La Corea del Sud

Anche la Corea del Sud punta a dominare il mondo della produzione di chip entro il 2030 e per raggiungere l’obiettivo ha introdotto nuove politiche economiche a supporto di realtà come Samsung e SK hynix.

Tra le diverse iniziative, il governo ha promesso i crediti d’imposta più alti mai concessi ai produttori di chip, fino al 50%. I produttori hanno già risposto al pacchetto di aiuti impegnando investimenti per oltre 458,1 miliardi di dollari per i prossimi dieci anni.

  • L’India

Anche l’India si propone come nuovo produttore autosufficiente, o almeno questo è l’obiettivo. Attualmente ospita il 20% dei progettisti di chip del mondo, quasi tutti impiegati nei back office di aziende straniere, ma vuole fare un passo avanti nella catena del valore manifatturiero e iniziare anch’essa a produrre semiconduttori, come conferma il documento India Semiconductor Mission del ministro indiano dell’IT e dell’elettronica Rajeev Chandrasekhar.

Il governo di Narendra Modi ha previsto a dicembre 2021 incentivi per 10 miliardi di dollari per indurre i produttori a creare nuovi impianti di fabbricazione di semiconduttori e incoraggiare gli investimenti.

  • Le strategie delle aziende

Quanto alle aziende, in attesa dell’aumento della produzione e di un affievolimento della crisi le possibili soluzioni vagliate sono le seguenti:

  1. Abbracciare la flessibilità per adattarsi alle vecchie tecnologie di chip che potrebbero non essere all’avanguardia ma sono comunque utilizzabili
  2. Sfruttare soluzioni software come la compressione e la compilazione intelligenti per creare modelli di intelligenza artificiale efficienti per sbloccare le capacità hardware
  3. Usufruire di soluzioni che incorporano riparazione, riutilizzo e riciclaggio allungando la vita dell’hardware e delle relative materie prime attraverso consumo e smaltimento responsabili
  4. Modellare le proprie strategie di acquisto IT in just-in-case anziché just-in-time. Questo approccio più preventivo comporta una maggiore pianificazione della capacità strategica, mitigando l’incertezza
  5. Riporre maggiore attenzione al lavoro di team per migliorare coordinamento e risposte concertate a seconda delle difficoltà che emergono puntando anche molto su ricerca e sviluppo

 

 

Fonti:

India Semiconductor Mission, Mar 2022

Made In China 2025: The Plan To Dominate Manufacturing And High-Tech Industries, FDI China, Jun 2022

C. Pan, Tech war: China condemns US Chips and Science act amid headwinds in semiconductor self-sufficiency, South China Morning Post, Aug 2022

F. Holmes, What Is The Semiconductor CHIPS Act, And Why Does The U.S. Need It?, Aug 2022

US CHIPS Act: What Is It, What It Means For You, Tech360, Aug 2022

A. Nisi, Chip, da Washington a Nuova Delhi la mappa delle misure anticrisi, Agi, Sett 2022

EU Commission, Shaping Europe’s digital future, 2022