Riportiamo l’articolo di Paolo Mondo, Senior Executive Advisor in NTT Data, pubblicato sul magazine “The procurement – Cost saving & Margin growth” (Anno 7 n.3).
Nonostante un generale consenso nell’ industria e nelle scuole di management sul ruolo strategico che il procurement e il supply chain management ricoprono, in molte organizzazioni queste funzioni sono tuttora viste come un “costo”.
La realtà è che – nel contesto attuale – non c’è funzione che sia in grado di creare più valore. Basti pensare all’impatto che un punto percentuale di risparmio sugli acquisti genera sull’Ebitda di una azienda con un miliardo di euro di ricavi. In ambito manifatturiero, ove, secondo i benchmark internazionali, gli acquisti pesano per oltre il 50% del fatturato, 1% di saving sugli acquisti equivale a 5 milioni di euro di incremento dell’Ebitda. Assumendo un margine di contribuzione medio del 30%, lo stesso impatto sul risultato economico si potrebbe raggiungere con un incremento dei volumi pari a 15 milioni di fatturato. In un’azienda impiantistica, in cui sempre secondo i benchmark, materiali, appalti e servizi esterni rappresentano almeno il 70% del valore della produzione, l’impatto è anche più significativo. Considerando anche solo 2 anni di realizzazione per un impianto, per ottenere lo stesso beneficio sui risultati aziendali (14 milioni sul totale di due conti economici successivi) è necessario aggiudicarsi una gara del valore superiore a 100 milioni con un margine di almeno il 14% ed escludendo ogni contingency.
A questo si aggiunga il beneficio a valle dell’Ebitda che una gestione attenta del ciclo passivo può apportare in termini di minori oneri finanziari. Questo anche grazie al ricorso a strumenti finanziari come il reverse factoring che possono essere interessanti per la filiera.
Un altro aspetto di crescente peso è la capacità di contribuire all’innovazione di prodotto e di processo produttivo attraverso l’ingaggio dei fornitori – partner portatori di tecnologia e know-how specifici. Questo non solo porta a soluzioni di riduzione costi sul prodotto acquistato e ad efficienze nei processi interni ma anche ad un impulso alle attività di ricerca e sviluppo ed alla open innovation, che agiscono sulla prima linea del conto economico.
Per quanto queste considerazioni e simulazioni numeriche approssimate siano auto esplicative, una delle sfide di un Cpo è quella di far percepire agli stakeholder interni, Ceo e Cfo in primis, che gli Acquisti sono un’organizzazione dove si genera valore per l’azionista, ovvero un “generatore di utile”.
Per raggiungere questo, è necessario un elevato livello di conoscenza sia dei costi per operare la funzione Approvvigionamenti sia del valore dei benefici che essa è in grado di fornire all’intera organizzazione.
Occorre poi la capacità di comunicare, far comprendere e “vendere” il valore creato agli stakeholders interni. Questo è cruciale per assicurare i budget per gli investimenti in applicativi e in formazione, lo staffing e, in generale lo sviluppo della funzione.
Quando è necessario, dunque:
1. identificare i parametri di performance significativi per gli stakeholder interni;
2. misurare in modo strutturato e coerente l’andamento di questi parametri;
3. creare un reporting periodico per il management e per la direzione generale;
4. sviluppare un piano di comunicazione e marketing per diffondere i risultati delle attività.
Ma quali grandezze possono misurare il valore generato da un’organizzazione procurement? A titolo esemplificativo, potremmo individuarne sinteticamente cinque:
• i risparmi portati sul Total cost of ownership;
• il rapporto tra il valore di saving ed i costi della funzione;
• la percentuale di spesa controllata dagli acquisti;
• la percentuale di nuovi progetti/prodotti in cui il ruolo degli acquisti sia risultato significativo;
• la porzione dei fornitori gestiti attraverso un processo strutturato.
Performance condivise su queste dimensioni alimentano la visione di un’organizzazione procurement “di successo”, ovvero dove:
• gli stakeholder interni – dalla produzione alla ricerca e sviluppo alle vendite, dalla finanza all’ingegneria – ne cercano il supporto perché in grado di portare significativo valore;
• il mercato e la community la riconoscono come una best practice;
• i dipendenti e i candidati la percepiscono come un’ opportunità professionale di primo livello.
Per ottenere questo, bisogna innanzitutto dimostrare di portare quei risultati. Soprattutto dare evidenza che il valore generato, ovvero i saving consuntivati siano significativamente superiori ai costi per gestire la funzione.
Ma il tracking ed il reporting dei risultati quantitativi non basta. Occorre impostare un “piano di marketing”, sviluppare, cioè, iniziative di altra natura, che contribuiscano alla costruzione di un’ immagine di professionalità di ruolo riconosciuta, come:
• Presentazioni periodiche ai Clienti interni;
• Articoli su pubblicazioni interne ed esterne;
• Interventi a convegni;
• Programmi di riconoscimento formale delle risorse;
• Leadership all’interno della community;
• Programmi di riconoscimento ai Vendor;
• Programmi di certificazione delle risorse (CPIM, ASCM).
In conclusione:
Rigore nei parametri di performance, misurazione continua dei risultati e visibilità professionale sono le chiavi per valorizzare il contributo che il Procurement apporta ai risultati di Business. In questo modo – anche – crescono il ruolo ed il posizionamento della funzione all’interno dell’Organizzazione e la capacità di attrarre e trattenere talenti.