L’Area di libero scambio continentale africana (AfCFTA) rappresenta il mercato comune più grande al mondo. Parte del progetto Agenda 2063 che ha lo scopo di trasformare il ruolo del continente africano nelle relazioni internazionali, l’AfCFTA assume un ruolo centrale negli attuali sconvolgimenti geopolitici.
La vera sfida riguarderà la capacità di attrarre investimenti adeguati dando un senso di solidità, al contempo facendo rispettare i diritti umani e l’ambiente da parte dei governi e dei partner esteri interessati. Un’opportunità senza precedenti per un continente ricco di risorse minerali, strategiche per la transizione ecologica e digitale.
Cos’è l’Area di libero scambio africana
L’Area di libero scambio continentale africana (AfCFTA) è il progetto faro dell’Agenda 2063, volto a creare un mercato unico africano per beni e servizi facilitato dalla libera circolazione di persone, capitali, investimenti. Qualcosa di molto simile al contesto europeo, che ha l’obiettivo di approfondire l’integrazione economica, promuovere e raggiungere uno sviluppo socio-economico sostenibile e inclusivo, l’uguaglianza di genere, l’industrializzazione, lo sviluppo agricolo, la sicurezza alimentare e una trasformazione strutturale.
Si tratta, come detto, della più grande area di libero scambio del mondo, che riunisce i 55 paesi dell’Unione africana (UA) e 8 Comunità economiche regionali (REC). Il mandato complessivo dell’AfCFTA è quello di creare un mercato unico continentale con una popolazione di circa 1,3 miliardi di persone e un PIL combinato di circa 3,4 trilioni di dollari, per eliminare le barriere commerciali e aumentare il commercio intra-africano. L’AfCFTA contribuirà a stabilire catene del valore regionali in Africa, consentendo investimenti migliorando così la competitività dell’Africa nel medio-lungo termine.
Gli scambi commerciali nell’ambito dell’accordo continentale di libero scambio africano sono iniziati il 1° gennaio 2021. L’obiettivo finale è garantire che l’AfCFTA sia veramente operativa e che i guadagni derivanti dall’iniziativa siano migliorati nell’attuazione al fine di ottenere un aumento del commercio interregionale e intra-africano che produrrebbe sviluppo economico per il miglioramento del continente in generale.
Un’opportunità di sviluppo
La Banca Mondiale ha previsto che la produzione di minerali critici dovrà aumentare di circa il 500% entro il 2050 per soddisfare l’aumento della domanda globale e consentire al mondo di evitare i peggiori impatti dei cambiamenti climatici. In quanto tali, le risorse dell’Africa sono ben posizionate per svolgere un ruolo cruciale, consentendo così al continente di rafforzare la sua posizione nelle catene del valore delle tecnologie verdi.
L’iniziativa del mercato comune assume centralità anche considerando quanto il continente sia sede di numerosi minerali rari: cobalto, rame, bauxite, cromo, metalli del gruppo del platino, litio e terre rare. La domanda globale di questi minerali è già elevata, ma si prevede che raddoppierà entro il 2030 e quadruplicherà entro il 2050, come risultato della crescita della domanda di importanti tecnologie energetiche pulite per realizzare la transizione globale verso l’energia verde. Una recente analisi di S&P Global prevede un raddoppio della domanda globale di rame entro il 2035, trainata da iniziative di decarbonizzazione volte a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050.
I prezzi di minerali come litio, nichel e alluminio stanno già aumentando, innescando un aumento degli investimenti, e l’UE sta già negoziando con i governi africani per garantire l’approvvigionamento minerario per la propria transizione energetica. In questo contesto l’AfCFTA agisce come un impulso per i governi africani per migliorare le politiche climatiche Net Zero, aumentare la capacità produttiva e semplificare la regolamentazione relativa al commercio.
La centralità dell’Africa per l’economia verde
Soprattutto l’Africa subsahariana ha riserve importanti di minerali critici per l’economia verde. La Guinea ha grandi riserve di bauxite, il Gabon è il secondo produttore di manganese, la Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha oltre il 70% della produzione mondiale di cobalto, la Namibia è il principale esportatore di uranio. Mozambico e Zimbabwe sono terzi nella produzione di grafite e cromo, il Sudafrica ha la maggior parte delle riserve di platino, mentre lo Zambia è il principale esportatore di rame.
Ma l’industria estrattiva di minerali critici è limitata da infrastrutture deboli, normative problematiche e scarsa conformità agli standard di sostenibilità. Saranno quindi necessari investimenti significativi per massimizzare il potenziale di queste risorse e competere globalmente superando la concorrenza più forte di Australia, Canada e Stati Uniti, che hanno infrastrutture migliori che influiscono sulla capacità di estrarre e trattare i minerali in modo efficiente.
Per tradurre la ricchezza delle risorse naturali in industrializzazione e sviluppo, i paesi con vasti giacimenti di minerali critici dovranno sviluppare una solida governance che promuova la lavorazione dei minerali nel paese per il consumo interno, rispettando l’ambiente e i diritti umani. La trasparenza dei contratti, i diritti dei lavoratori e la sostenibilità ambientale saranno fondamentali per massimizzare le opportunità offerte dalla catena del valore dei minerali critici del continente, che può portare a valore aggiunto, creazione di posti di lavoro, sviluppo locale e trasferimento equo di conoscenze. Un’area di libero scambio da sola non può raggiungere questi obiettivi.
Recentemente, l’Africa ha visto un aumento dell’influenza di Russia, Cina, Turchia ed Emirati Arabi Uniti. In un periodo di grandi cambiamenti politici internazionali, l’Unione europea e gli Stati Uniti possono svolgere un ruolo di partner affidabili seguendo le strategie sopra elencate, per offrire un’alternativa ad altre influenze e diventare parte centrale delle supply chain legate all’area di libero scambio africana.